Storia

Contentuti

1. L’Introduzione
2. I Sovrani Legittimi delle Terre della Corona d’Aragona
3. La Casa di Barcellona
4. L’Inizio della Casa Aragona-Ayerbe
5. 1412-1454
   5.1. Aragon-Ayerbe 1412-1454
6. 1454-1853
7. La Casa di Ayerbe e il Patto di 1853
8. 1853 – 18609. 1860 – 1965

L’Introduzione

Il Regno d’Aragona fu uno dei più piccoli tra gli stati cristiani della penisola Iberica sorgendo a seguito dell’espulsione dei Mori, i quali si erano impossessati del territorio a seguito dell’invasione dei Visigoti nel VIII secolo. Il territorio si trova nel Nord Est ed il suo primo sovraìno per 20 anni dal 809 fu Aznar Galindez, conte d’Aragona (con i territori di Urgel, Cerdagna e Conflent). Il primo fra i successori ad essere considerato re d’Aragona fu Ramiro I (1035-1063), figlio illegittimo di Sancho il Grande, re di Navarra il quale regnò a Pamplona dal 1000 al 1035 e che dal 1028 fu anche re di Castiglia.

A Ramiro I successe il figlio Sancio Ramirez, già introdotto nel governo quando il suo padre lottava in guerra. Dopo un pellegrinaggio a Roma Sancio tornò con devozione fervida e così cominciò il legame strettissimo fra la Corona di Aragona e la Santa Sede, rompendo la tradizione quando battezzò il suo primogenito col nome Pietro. Per trenta anni consolidò e aumentò le sue terre con conquiste morendo nel 1094 ferito da freccia nel’assedio di Huesca, occupata dai Mori.

Pietro I ereditò una vera conglomerazione di terre diverse, comunque tutte appartenenti al dominio paterno, incorporandole in un solo regno con governo, diritti e risponsibilità comuni. Seguendo l’esempio di suo padre, come figlio prediletto della Chiesa, intraprese anche lui un pellegrinaggio a Roma.

Alfonso I “il Battagliero” successe al padre nel 1104. Ebbe fama di gran riformatore religioso e proponente degli Ordini religiosi nelle sue terre, fama che si sparse ben al di là delle sue frontiere grazie alle conquiste militari di città importanti come Fraga e Lerida, fino ad attraversare Valenza e giungere, inseguendo al nemico, sulla frontiera di Granada.

Morì nel 1134 senza prole e legò il suo regno agli Ordini militari delle crociate, i Templari ed agli Ospedalieri, ma il suo Testamento fu rigettato dai baroni del regno in quanto costoro earno a favore del fratello del defunto re, Ramiro, un monaco che il Papa esonerò dai suoi voti religiosi al fine di perpetuare la dinastia. Ramiro II sposò Agnese di Aquitania e dopo la nascita di Petronilla, l’erede benvoluta, ritornò alla vita monastica nel 1137.

Ancora un’inafante Petronilla (ob.1173) venne concessa sposa a Raimondo Berengario IV conte di Barcellona (ob.1162), unendo così le corone dei due stati in uno più potente e con accesso al mare. Da quel momento la dinastia regnante d’Aragona fu la Casa di Barcellona.

Il loro figlio Alfonso II (1157-1196) fu il primo re d’Aragona e anche conte di Barcellona. Costui unificò le terre diverse sotto la stessa corona ed istituì il governo municipale nelle città incorporandolo nella gerarchia politica. Nonostante le sue nozze con la principessa castigliana la guerra con questo regno fu costante. Essendo anche un poeta lirico piuttosto famoso Alfonso II fu gran patrono dei trovatori. Nel suo testamento Alfonso stabilì un precedente preoccupante, tentando di legare le sue terre oltra i Pirenei al secondogenito.

Il suo figlio Pietro II (1178-1213) “il Cattolico” ereditò tutta le devozione religiosa di sua madre considerandosi il cavaliere campione della fede cristiana. I Templari di Montpellier organizzarono le nozze dell’ereditiera della loro città con Pietro che, nonostante una vera passione per le donne, detestava assolutamente la sposa legittima a tal punto che rifiutò di consumare il matrimonio e tentò divorziarla. Infatti il matrimonio fu consumato ma da inganno, un episodio considerato miracoloso dal loro figlio conseguente.

Pietro andò a Roma nel 1204 per farsi incoronare solennemente dal papa Innocente III. Nel frattempo in Languedoc apparì l’eresia albigense coll’appoggio attivo e la partecipazione dei governanti della regione fra i quali alleati e vassali di Pietro. Allo scopo di proteggerli e nonostante la sua fede ortodossa, Pietrò affrontò gli eserciti dal nord di Francia di Simone di Montfort davanti il castello di Muret e malgrado la sua superiorità numerica perdette la battaglia e la vita. Il piccolo figlio del miracolo di Montpellier, il pro-nipote di Raimondo e Petronilla fu successore nel 1213 chiamandosi Giacomo I (re anche di Maiorca e Valenza, conte di Barcellona e di Urgel, signore di Montpellier) e conosciuto dalla storia come “Il Conquistatore”.

I Sovrani Legittimi delle Terre della Corona d’Aragona

Giacomo I aveva 5 anni alla sua accessione avvenuta alla morte del padre Pietro II nel campo di battaglia. Egli occupò il trono sino alla sua morte nel 1276 e durante il suo lungo e brillante regno pose le fondazione dell’impero o, per dare la definizione corretta, delle Terre della Corona d’Aragona.

Nel 1228 Giacomo tolse Maiorca dalla tirannia dei Mori e dieci anni dopo liberò anche Valenza, ricevendo l’appellativo di Conquistatore grazie a queste vittorie.

Il suo primo matrimonio fu con Eleonora di Castiglia dalla quale ebbe un figlio, Alfonso, che morì senza progenie nel 1260. Il matrimonio con Eleonora fu annullato nel 1229 e nel 1235 Giacomo sposò Violante d’Ungheria dalla quale ebbe sette figli, tre dei quali maschi. A suo tempo il primogenito divenne re Pietro III d’Aragona mentre al secondogenito Giacomo venne dato il trono di Maiorca (con la sua capitale a Perpignano) nel 1286 e il terzo Sancho era Arcivescovo di Toledo ed assassinato nel 1275. Delle figlie la prima sposò il re Alfonso X di Castiglia, mentre la secondo divenne la moglie del re Filippo III di Francia dalla cui unione traccia le proprie origine la Real Casa Francese da Giacomo il Conquistatore.

La regina Violante morì nel 1251. Nel frattempo il re aveva formato un legame affettivo con Doña Teresa Gil di Vidaure, dalla quale ebbe due figli, Giacomo barone di Xerica, nato c1255, e Pietro barone di Ayerbe e signore di Paternò, nato nel 1260.A seguito della nascita di Pietro il re formalizzò l’unione e legittimò i due figli. Alla sua morte, con testamento datato 21 agosto 1261 richiese che questi ultimi avessero precedenza sul diritto di successione al trono su qualsiasi altra figlia nata dal matrimonio con Violante. Nel 1260 il Papa riconobbe il matrimonio di Giacomo con Teresa, dando consenso alle intenzioni del re e rendendo possibile che le sue disposizioni potessero divenire la prima legge di successione delle Terre della Corona d’Aragona. La casa di Xerica divenne estinta nel 1309, mentre quella di Ayerbe continua sino al giorno d’oggi.

La Casa di Barcellona

Pietro III, figlio di Giacomo il Conquistatore, conosciuto come “il Grande” accedette al trono nel 1276. Sei anni dopo il popolo della Sicilia si rivolse contro gli invasori nel sanguinoso evento conosciuto come i Vespri Siciliani, massacrando i Francesi. A seguito di tale evento i nobili locali invitarono al monarca aragonese ad accettare la corona, in questo modo Pietro III divenne anche re di Sicilia, regnando sino al 1285, quando successe il figlio Alfonso III il quale regnò sino al 1291.

A questo punto la corona aragonese passò ad un altro dei figli di Pietro III, Giacomo II d’Aragona il quale nel 1296 diede la corona di Sicilia al fratello cadetto Federico, facendo così che la corona di Aragona si separasse da quella di Sicilia.

A Giacomo II fece seguito nel 1327 il figlio Alfonso IV, il quale regnò sino al 1336 quando suo figlio Pietro IV (conosciuto come il Cerimonioso od il Crudele) ascese al trono.

Nel 1375 Pietro attaccò e sconfisse l’ultimo re di Maiorca, riunendo in tal modo la corona a quella d’Aragona. Nel 1381 Pietro IV si assicurò inoltre il titolo di duca d’Atene, sotto comando catalano per avere costoro catturato questo territorio dai mercenari catalani nel regno di suo parente Federico II di Sicilia (1296-1337).

A Pietro fece seguito alla sua morte nel 1387 il figlio Giovanni I, il quale morì senza eredi ed al quale quindi seguì il fratello Martino I (detto l’Umano). Il figlio del nuovo monarca (anch’egli Martino) era diventato re di Sicilia nel 1390 grazie ad essere discendente di Eleanora di Sicilia, la terza moglie di Pietro IV (tutta la linea maschile dei re siciliani si era estinta).

Martino di Sicilia morì senza eredi nel 1409 e suo padre annesse il trono dell’isola, aggiungendolo a quello di Aragona. L’anno seguente vide la morte di quest’ultimo e l’estinguersi della linea diretta dei conti di Barcellona, diventanto questa linea rappresentata da Giacomo conte di Urgel, figlio minore di Alfonso IV. In ogni caso costui non succedesse al trono delle Terre della Corona d’Aragona, sebbene gli fosse stato di suo diritto.

L’Inizio della Casa Aragona-Ayerbe

Come scritto sopra, Jacopo I il Conquistatore decise molto tempo prima della sua morte che la sovrania delle sulle Terre della Corona d’Aragona fosse divisa fra i figli dalla seconda sposa, Violante d’Ungaria. In tal modo per disposizion testamentarie separò il Regno d’Aragona (cioè Aragona stessa, Catalogna e Valenza) sotto Pietro III, dal Regno di Maiorca (cioè le Isole Baleari con Perpignano, Rossiglione e Montpellier) sotto Giacomo II di Maiorca. I figli dalla sua terza sposa, Teresa Gil di Vidaure, Giacomo e Pietro furono creati Signori di Xerica in Valenza e di Ayerbe in Aragona,con inoltre varie città e terreni fra le terre della Corona, sufficienti per far loro indipendenti e magnati importantissimi del Regno.

Pietro primo signore di Ayerbe sposò Aldonza di Cervera porando nella sua dote terreni estesi in Catalogna.

Michele il figlio di Pietro ebbe un altro figlio Giovanni il Vecchio, nato nel 1347 e che nel 1389 fu nominato Vicario General del Regno di Sicilia. Giovanni si sposò con Sibilla Spadafora e dai loro descendi ininterotti continuò la linea maschia della Casa di Paternò.

I membri della Casa di Paternò furono nominati frequentemente a cariche fra le più importanti del paese, incluso l’arcivescovo di Palermo, vicere, ambasciatore papale e gentiluomo di camera dei re delle Due Sicilie e quest’ultimo diede riconoscimento integrale alla Famiglia, compreso al suo Ordine di Sant’Agata.

1410-1412

Alla morte di Martino I l’Umano nel 1410 senza disporre sulla successione al trono seguì una lotta con non meno di sei pretendenti. Il pretendente più legittimo era senza alcun dubbio il conte di Urgel, Giacomo, sebbene gran parte dei nobili decisero di appoggiare la candidatura di Ferdinando di Antequera, figlio di Eleonora (ob.1382), figlia costei di Pietro IV (1336-1387), dal suo matrimonio con Giovanni I di Castiglia. Gli altri tre pretendenti erano tutti discendenti in linea maschile di Giacomo II, il figlio minore di Pietro di Ribagorza (morto nel 1387).

La controversia durò per due anni, quando venne deciso di affidare ad una commissione la decisione sul diritto di successione al trono. La commissione era composta da nove membri, tre da ognuno dei regni (Aragona, Catalogna e Valenza), raggiungendo la decisione su semplice maggioranza. Mentre la commissione stava deliberando, le truppe di Ferdinando di Antequera sconfissero e misero alla fuga quelle del conte di Urgel in una battaglia a Murviedro.

Il giorno 24 di giugno 1412, la commissione raggiunse la decisione che Ferdinando di Antequera doveva succedere alla Corona delle Terre di Aragona, con sei membri a favore (uno fra loro era sostituto), un’astensione (basata su mancanza d’esperienza per raggiungere tale questione) e due a favore della linea maschile diretta, cioè Giacomo conte di Urgel e Alfonso duca di Gandia, nipote di Pietro di Ribagorza.

Tale evento venne conosciuto con il nome di compromesso di Caspe, dal nome della città nella quale avvenne la riunione. Tale decisione non fu ben ricevuta dai pretendenti, ed il conte di Urgel, dopo un assenso iniziale, vi si ribellò venendo poi catturato ed imprigionato a vita e morendo senza eredi nel 1433.

La legalità del compromesso di Caspe appare alquanto dubbia. Bisogna tener presente che nel medioevo non esistevano statuti che regolavano l’accessione al trono ed era usanza a quei tempi per il sovrano di nominare un successore quando ancora in vita o con disposizioni testamentarie. In aggiunta era pratica comune che la corona passasse nelle mani del primogenito.

In due occasioni distinte, quando Martino I si trovava sul punto di morte, i nobili inviarono dei testimoni per chiedere al sovrano se avesse voluto che il nuovo sovrano fosse scelto essendo ‘chiunque deciso dalla giustizia’. Ogni volta il re assentì, e questa semplice risposta e tale domanda estremamente vaga rimase da sempre alle radici delle dispute fra i pretendenti.

Esistono evidenze che il re avesse favorito la causa di Ferdinando d’Antequera, in quanto costui era da lui particolarmente stimato, mentre che non favoriva la candidatura del conte di Urgel, essendo quest’ultimo parente più lontano. Infatti quest’ultimo scrisse nel 1402 al sovrano protestando che i segretari reali si rifiutavano di indirizzarlo come Giacomo d’Aragona, una prerogativa alla quale aveva diritto come principe in linea diretta di discendenza. Pare che il re non si curò neppure di rispondere. Di questo modo sebbene non esistano dubbi sulla legittimita della sua pretesa, viene facile comprendere come i compromisarios potessero raggiungere la decisione presa durante i loro cinque giorni di dibattito. Ferdinando era senza dubbio il candidato più forte, ricco e valoroso e la sua successione apportò numerosi benefici commerciali per Aragona; citando le parole del vescovo di Tarragona era dunque ‘per molte ragioni più utile’ come re che Giacomo di Urgel.

E’ fatto significativo che la commissione non considerò altri membri della casa di Ayerbe, discendenti da Giacomo I e Teresa Gil de Vidaure come possibili candidati in quanto pretendenti legali, sebbene si fossero costoro trasferiti in Sicilia prima degli eventi del 1412. Forse le pressioni sulla commissione erano semplicemente troppo grandi da poter considerare altre circostanze, seppure meritorie, ed i desideri di un re già deceduto, dopo tutto anche le pretese delle persone fisicamente presenti non vennero prese in considerazione.

1412-1454

Il conte di Urgell recusò accettare la decisione, fu arrestato e imprigionato a vita e morì senza eredi nel 1433. Il duca di Gandia morì pure senza erede nel 1454. In tal modo si fece nuovamente appello al Testamento di Giacomo, stipuladosi che i discendenti nella linea maschia dalla terza sposa, cioè la Casa di Ayerbe, avessero avuto precedenza su qualsiasi discendente in linea femminile, incluso qulli di Ferdinando d’Antequera.

Il nipote dell’ultimo, Ferdinando il Cattolico, successe eventualmente al trono di Aragona nel 1479 sposandosi con Isabella l’ereditiera di Castiglia nel 1469 riunendosi in tal modo i regni di Aragona e Castiglia, con la nascita dunque della moderna Spagna.

Nel frattempo in Sicilia la Casaa di Ayerbe si separò in rami diversi che sistematicamente si sposarono fra loro, spegnendosi alcuni sino finalemente al 1853 quando l’ultimo principe di Cassano, discendente in linea maschia, morì senza erede. Questi venne da sempre riconosciuto come capo incontestato della Casa di Ayerbe, creandosi quindi un dibattito sulla discedenza che culminò in un conclave di famiglia nel palazzo dei marchesi di Spedalotto, un ramo cadetto dei Paternò, e convocato per volontà di Ferdinando II, re Borbone delle Due Sicilie, il quale considerava la Casa di Ayerbe reale e sovrana e dunque voleva risolvere la questione.

Come verdremo a seguito, la decisione del conclave, registrata nel Patto di Famiglia del 1853, fu che il capo della Casata divenne don Mario, figlio di don Giovanni, fratello cadetto del duca di Carcaci per suo matrimonio con donna Eleanora, principessa d’Emmanuele, e pretendente alla discendenza dal re Giacomo I il Conquistatore per le linee paterna e materna. Questa decisione del conclave fu unanima e venne ratificata dal re Ferdinando II. Il Patto di Famiglia stipulò che da quel momento la successione sarebbe passata per la discendenza di don Mario e l’attuale capo del casato attualmente regnante, don Francesco I, è infatti pro-pronipote di don Mario.

Aragona-Ayerbe: 1412 – 1454

Grazie alle evidenze appena accennate possiamo pertanto constatare che Ferdinando di Antequera (della casa di Trastamara) usurpò la corona e che la linea che condusse da lui e la sua consorte ai genitori di Caterina d’Aragona (consorte costei di Enrico VIII d’Inghilterra) fu quindi illegittima.

Alla morte di Giacomo di Urgel in prigionia nel 1433, la linea legittima passò al duca di Gandia morendo quest’ultimo senza eredi nel 1454. A questo punto il testamento di Giacomo I il Conquistatore, nel quale veniva chiaramente indicato che i discendenti in linea maschile dal matrimonio di Teresa Gil de Vidaure avrebbero dovuto aver precendenza su quelli in linea femminile da Violante d’Ungheria, poteva considerarsi come attivo, con il risultato che la successione legale passava dunque nel 1454 alla casa di Ayerbe.

La legalità della decisione di Caspe rimane sempre estremamente incerta e si disputa finora nelle terre della Corona d’Aragona. Dobbiamo rammentare che durante il medioevo non esistevano chiare leggi per regolare la successione al trono. Era l’abitudine del re designare chi lo avrebbe successo sia in vita o sia per disposizion tastamentarie. L’usanza era che la Corona passasse alla linea maschile più prossima a quella maschile della stessa Casa Reale.

1454-1853

Teresa Gil de Vidaure era la terza moglie di Giacomo il Conquistatore il quale nel suo testamento del 21 agosto 1261 riconobbe i due figli Giacomo e Pietro, nati prima del matrimonio ma successivamente legittimizzati permettendo loro la successione nel caso venissero a mancare i rami originali, come infatti accadde colla morti senza prole del conte di Urgell in 1433 e del duca di Gandia in 1454.

Non vi sono dubbi sull’onorata e rispettata usanza che se non esiste la debellatio (cioè l’espressa rinuncia al trono da parte di un sovrano), il jus maiestatis rimane per sempre nella persona a capo della famiglia, secondo quelle che siano le disposizioni testamentarie in considerazione. Tale principio è incorporato nel diritto internazionale.

Pertanto alla morte del duca di Gandia nel 1454 e mancando la linea da Giacomo I di Xerica (c1255-1280) il figlio maggiore legittimato del Conquistatore, già spenta da 1409, la successione passò ai discendenti di Giacomo d’Ayerbe, il primogenito di Pietro di Ayerbe (nato nel 1260), figlio minore del Conquistatore. Questo nobile, Sancho, fu infatti il pronipote di Pietro. Il nipote Alfonso divenne conte di Simari nel 1519 ed il nipote di costui, Alfonso III, divenne marchese di Grotteria. A suo turno, Casparre VI, discendente da Alfonso, divenne poi principe di Cassano. Questi nobili erano de jure re dei territori e della corona di Aragona fino al momento in cui la loro linea non cessò, alla morte nel 1851 dell’allora principe di Cassano.

In tal momento la successione passò nelle mani del ramo cadetto della casa di Ayerbe, discendente da Pietro, il figlio più giovane dal matrimonio del re Giacomo con Teresa Gil de Vidaure.

Alla fine del settecento Ignazio Vincenzo principe di Biscari, fra gli intelletuali più eminenti in Europa nell’epoca, viaggiò alle isole Baleariche per scoprire per se stesso il regno di suoi antenati e per cercare le possibiltà di illuminare le tradizioni cavalleresche della sua Casa. Le sue note di viaggio divennero in seguito la fonte delle ricerche di Francesco duca di Carcaci nel secolo seguente.

Nell’Ottocento una ondata di rinnovamento medievale spazzava tutta l’Europa e la Sicilia non ne era l’eccezione. Il duca di Carcaci in quel tempo un intelletuale molto prominente, cospicuamente effetuò ricerche storiche sull’ordine cavalleresco di concessione alla sua famiglia, ricerche queste che meritarono menzione anche nella sua euloagia funebre.

Fra le tante vicissitudini sofferte dall’isola siciliana grazie alle varie occupazioni fu solo durante l’epoca aragonese che il regno fu independente e con un monarca residenze nell’isola. Ogni altra dinastia estera soleva solo spogliare l’isola per il proprio beneficio. Per la Casa di Paternò, sempre servitori leali della casa regnante del giorno, il benessere della Sicilia fu sempre di prim’ordine. Dal loro canto i re delle Due Sicilie continuarono a confirmare lo stato di Sereni principi al casato.

La Casa di Ayerbe e il Patto di 1853

Nel trascorso dei secoli vari rami si unirono fra di loro in matrimonio, così al momento della morte del principe di Cassano non era chiaro chi avesse diritto al jus maiestatis delle Terre della Corona d’Aragona e divenne necessario decidere con urgenza a riguardo.

Durante un conclave familiare su iniziativa del duca di Carcaci il 14 giugno 1853 e tenuto a Palermo nel palazzo del marchese di Spedalotto, capo di uno de rami più antichi della dinastia, e dopo considerazioni sulle evidenze e varie discussioni si raggiunse il consenso che i diritti reali dovevano venir conferito a don Mario, figlio di Giovanni, il fratello più giovane del duca di Carcaci, e di donna Eleonora Guttaduro di Emmanuel Riburdone, erede della casa di Guttadauro. Tale conclusione ricevette l’assenso del re Ferdinando II delle Due Sicilie. La decisione del conclave ratificava la discendenza di don Mario attraverso due rami di sangue da parte di entrambi i genitori e dal re Giacomo il Conquistatore.

Il patto familiare fu firmato e registrato il 16 giugno 1853 e sigillato nella Camera dei Sigilli del Registro Reale del Regno delle Due Sicilie. Fu decretato che durante la minor’età di don Mario, don Giovanni dovesse agire da reggente.

1853 – 1860

La registrazione del patto fu uno degli eventi culminanti che fecero seguito alla morte del principe di Cassano e che determinò i diritti dinastici della casa di Paternò Castello Guttadauro. L’approvazione finale avvenne il 2 febbraio 1860 quando la Real Commissione dei Titoli di Nobiltà raccomandò al re Francesco II che la petizione dell’Ecc.mo signore don Mario Paternò Castello Guttadauro di concedere titoli cavallereschi venisse riconosciuta dal sovrano. Il giorno 11 di febbraio il re approvò la raccomandazione, dando ordini al Segretario di Stato per gli Affari Siciliani che ne venisse preso atto.

1860 – 1965

Il reggente designato don Giovanni lavorò vigorosamente in modo da garantire i diritti dinastici della famiglia. Cosi facendo onorava il lavoro di suo fratello il grande duca di Carcaci, il quale morì nel 1854 dopo aver trascorso la sua intera vita a stabilire i diritti dinastici reali della famiglia ed a regolarne la successione.

Il veicolo principale usato dal Reggente fu l’Ordine Militare del Collare di St Agata dei Paternò, facendo in modo che il fiore della nobiltà siciliana appartenesse appunto a tale ordine. Nel 1859 l’Ordine di San Salvador d’Aragona (fondato nel 1118 da Alfonso I) venne ricostituito e nel 1861 venne anche ricostituito l’Ordine della Real Corona Balearica.

Il 1861 fu un anno fatidico; alla morte del Reggente don Mario si assunse la responsabilità ed i diritti della casa a soli 23 anni, sebbene allo stesso tempo la penisola italiana venisse conquistata dal re Vittorio Emanuele II di Sardegna, incorporando così il regno delle Due Sicilie. Da quel momento don Mario decise di mantenere una politica di neutralità con rispetto alla casa di Savoia, non favorendo né costoro e né i deposti Borboni.

Il terzo figlio di don Mario gli succedette nel 1906, morendo costui nel 1908 senza eredi. Su disposizioni testamentarie di don Mario la successione passò a donna Eleonora Angela Maria, sorella di don Enrico e quindi a suo figlio dal matrimonio di costei con don Roberto Paternò Castello, fratello del decimo duca di Carcaci. Nel 1913 donna Eleanora ebbe un figlio, don Francesco Mario II per il quale il padre agì come reggente sino a quando non raggiunse la maggior’età nel 1934.

Don Francesco Mario era di temperamento stravangante e, sebbene promuoveva vigorosamente i diritti della famiglia, non si può dire che lo facesse sempre con molta diplomazia. Nel novembre 1965 dovuto ad una acuta malattia decise di dividere il compito di regnare con il figlio l’Infante don Roberto (nato nel 1937) tramite un decreto del 28 novembre 1965, conferendogli il titolo di duca di Gerona e compartendo formalmente i poteri magistrali. Nell’ottobre 1962 nella chiesa ancestrale di Santa Maria di Gesù a Catania don Roberto sposò la Nobile donna Maria dei conti Fattori. Il 28 novembre 1965 don Francesco Mario promulgò un altro decreto conferendo a don Roberto il titolo di principe di Girona e condividendo colui formalmente i diritti soverani e magistrali.

I membri piu intelletuali del casato mantennero sempre le tradizioni più elevate di ricerca sulle origini reali della famiglia. La repubblica italiana che si stabilì dopo la seconda Guerra Mondiale approvò leggi che vollero limitare se non sopprimire gli Ordini cavallereschi con la proibizione espressa di titoli nobiliari se no già esistenti e questi formando parte del cognome. Don Francesco Mario II e i suoi successori vennero comunque riconosciuti come fonti d’onori e dunque in quell aspetto particolare come soggetti di diritto internazionale e non nazionale. In tal modo la di loro amministrazione del patrimonio cavalleresco familiare come pure la concessione di titoli nobiliari rimane legittima. Inevitabilmente la concessione venne contestata dalle corti ma in ogni occasione queste resero giustizia alla Casa di Paternò grazie anche alle perizie independenti di esperti di fama.

Per evidenze originali, si prega consultare l’Archivo.